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Le recensioni

Il diciotto, Baggio - Milano, gennaio 2006

di Rosario Pantaleo

È stato un bel concerto, come sempre quando c'è di mezzo il Coro Hispano-Americano, quello che si è svolto nella chiesa di Sant'Anselmo da Baggio la sera del 17 dicembre, sotto l'egida del Consiglio di Zona 7.
Un concerto che ha visto la chiesa piena di gente che ha partecipato con entusiasmo al calore profuso, a piena voce, dai componenti il coro.
Il Coro Hispano-Americano che avevamo già visto all'opera a Baggio, possiede un repertorio prettamente legato alla tradizione dei paesi latino-americani ed è capace di regalare, a piene mani, splendide suggestioni che lasciano il segno nell'immaginazione degli ascoltatori. "En el cielo y en la tierra" è il nome del recital proposto.
I venti componenti il coro, condotto in maniera professionale dal maestro Raul Iaiza, hanno raccontato di un mondo lontano, sia nel tempo che nella geografia ma profondamente vicino nel desiderio di comunicare la passione per un desiderio di vita che, spesso, è ottenebrato dall'incedere della storia.
Canti di matrice religiosa legati al ciclo della terra, canti della natività uniti a tematiche di vita quotidiana, canti che profumano di incenso ma che sanno trasmettere anche l'acre odore del sudore e della fatica della gente comune.
Fatica che è un giogo, antico e moderno, lontano e vicino, che la musica ha cercato di esorcizzare. Un giogo che i canti antichi hanno cercato di allentare, un giogo che è fonte di lamento e disperazione ed il canto si trasforma in elemento di liberazione.
Una bella esecuzione che ha visto sfilare canti della più svariata tradizione popolare come Cachua al nacimiento de Nuestro Señor, una danza degli indios Quecha che rinnova la tradizione di un canto a Maria di questo popolo posto nel cono sud del mondo oppure come il canto risalente ai primi del '600 Hanacpachac, che è un canto corale polifonico; suggestivo ed intenso, legato alla tradizione peruana.
È un canto struggente e pieno di tristezza Buenas noches, reina y madre, brano tratto dalla tradizione folklorica cilena, mentre Campos naturales ha nel suono del tamburo il suo incipit che trascina la musica verso uno spirito fortemente legato al senso della gioia che travalica la fatica del quotidiano e rende possibile un altro giorno di fatiche. Ayuntuluwun è una melodia del popolo Mapuche, che rappresentano l'area geografica a cavallo tra Cile e Argentina. San Pedro trotò cien años è un canto pieno di passione ed allegria, squillante e vivo, aperto ed emozionante: segno più autentico della dimensione della festa popolare di cui sono capaci i popoli andini. l'Ave Maria di Luis De Victoria è un canto fermo intenso che vuole apparire come l'immagine più profonda della religiosità spagnola al tempo del barocco mentre Dadme albricias, di anonimo spagnolo del XV° secolo è un magnifico esempio della capacità di duettare delle voci maschili e femminili del coro. La maza viene introdotta dal suono delicato della chitarra e del flauto traverso e poi si abbandona ad una polifonia vocale di grande suggestione. Niño lindo è un cantoo delicato, di origine venezuelana, che racconta del Bambin Gesù, con delizioso accompagnamento di nacchere mentre Los Reyes Magos è il racconto della natività e del viaggio dei magi condito in salsa estiva, con le sonorità pertinenti al periodo: pieno di solarità ed allegria.
E dopo tutto questo sfavillare di voci e strumenti, di applausi e grida di approvazione, arriva a chiudere La Missa criolla, che si avvale del fondamentale apporto del mezzosoprano Ilia Aramayo Sandivari che ha saputo esaltare, ancor di più, le grandi capacità del Coro interpretando in maniera eccellente i brani che compongono questo meraviglioso affresco liturgico composto, per la parte musicale, nel 1963 dal maestro argentino Ariel Ramirez.
Al termine gli applausi sentiti, sinceri ed abbondanti suggellano un concerto di alto spessore rafforzato da una serie di bis che hanno fatto piacere a tutti. Probabilmente anche ai coristi ed ai musicisti visibilmente soddisfatti per la calorosa accoglienza ricevuta.



Messaggero del lunedì - Udine
20 dicembre 2004

Se mai sorgesse il dubbio su quale musica meglio esprima il sentimento religioso universale, se quella dell'autore colto che sa sviluppare melodie il cui impasto complesso dimostra l'importanza dell'argomento, o quella popolare che parte dall'umile sentire della gente comune, il concerto En el cielo y en la tierra, che abbiamo ascoltato in un duomo di Udine affollato in tutti gli spazi a disposizione, mette tutti d'accordo sull'oziosità di questo ragionamento: i brani d'autore si sono alternati a quelli popolari, quelli antichi a quelli recenti, quelli di matrice europea a quelli tipicamente sudamericani, quelli in spagnolo castigliano a quelli in lingua india. Splendidamente interpretati dal Coro Hispano-Americano di Milano diretto da Raul Iaiza (argentino ma di chiare origini friulane), i brani hanno sviluppato un percorso tematico ed emotivo, più che temporale, creando l'atmosfera giusta per il bellissimo finale, l'esecuzione della Misa Criolla, scritta dall'argentino Ariel Ramirez nel 1964 sui ritmi popolari di Argentina e delle varie aree andine in piena aderenza al testo della liturgia cattolica.

Sin dall'inizio si chiarisce il tono del concerto: il brano d'apertura, la Cachua, danza degli indio andini, chiede licenza, "dato che è Natale, per cantare e ballare alla nostra maniera" ed è seguito da una ninna nanna india cilena e da una composizione di Violeta Parra, per poi arrivari ai brani coloniali, scritti in territorio latino-americano per soddisfare i gusti estetici dei monarchi spagnoli e giungere alle suggestive sensazioni di una delle quattrocento Cantigas de Sancta Maria volute da re Alfonso il Savio, carica di elementi moreschi sapientemente eseguiti dagli strumentisti del coro milanese. Via via che il concerto procede la dolcezza degli impasti vocali, la brillantezza dei ritmi e l'equilibrio esecutivo avvolgono il pubblico, che capisce il messaggio di vita che questa musica creola (rivincita dei nativi sui conquistadores) esprime e gli applausi aumentano di intensità. L'ultima parte del concerto è dedicata a Ramirez e alle sue composizioni sacre. Prima due brani della suggestiva Navidad nuestra e poi la stupenda Misa Criolla, un susseguirsi di emozioni intenze sui ritmi popolari sudamericani, dalla vidala baguala andina del Kirie, al carnavalito yaravi argentino del gloria (il brano più spettacolare, ripreso anche nel richiestissimo bis), dalla ossessiva chacarera trunca argentina del Credo al carnaval boliviano del Sanctus alla serena preghiera dell'Agnus Dei ripresa dalle melodie della pampa.

Il perfetto amalgama delle voci e l'equilibrato dosaggio dei suoni degli strumenti ci fanno dire della bravura del Coro come un tutt'uno, anche se va sottolineato l'equilibrato ruolo del quintetto strumentale e lo splendido assortimento delle due voci soliste, Nelson Contreras e Sergio Sasselli.

Corriere della Sera
18 novembre 2004

Un coro per Mariagrazia Cutuli

Una messa di suffragio, domani alle 18,30, nella chiesa di San Marco a Milano, per Maria Grazia Cutuli, con la partecipazione del Coro Hispano Americano. A tre anni esatti dalla morte.
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Domani, la messa celebrata da don Gianni Zappa, portavoce del cardinale Dionigi Tettamanzi, nella chiesa di via San Marco. per la prima volta, ad accompagnare la funzione per Maria Grazia ci sarà il Coro Hispano Americano, una formazione di canto a cappella nota a Milano, dove è stato fondato nel 1984 dal maestro Marco Dusi e dalla giornalista cilena Tonka Mimica Silva.

Il coro proporrà alcuni brani del suo ricco repertorio tradizionale e d'autore del continente latino-americano. Dal Kyrie della straordinaria Misa Criolla, scritta dal compositore contemporaneo argentino Ariel Ramirez su ritmi tradizionali. Ad Hanacpachap, la più antica composizione polifonica del Nuovo Mondo, cantata nella lingua degli Indio convertiti (il quechà) e musicata in stile polifonico rinascimentale spagnolo: un esempio di incontro di due culture e di due spiritualità.

Un altro brano è il più noto Rin del Angelito, composto dalla famosa autrice cilena Violeta Parra: sulla base del ritmo tradizionale del "rin", il testo canta la morte di un bambino (l'angelito) e la tristezza della comunità che gli dà l'ultimo saluto.

"La libertà" Piacenza
Domenica 13 ottobre 2002

di Mauro Bardelli

Le briose e coinvolgenti sonorità della musica ispano-americana hanno entusiasmato il pubblico giunto numeroso nella basilica di San Savino a Piacenza per assistere all'ottavo appuntamento della Settimana Organistica Internazionale organizzata dal Gruppo Ciampi. protagonisti del concerto - che per questa volta non ha registrato l'esibizione di organisti - il Coro Hispano Americano di Milano diretto da Pilar Bravo. Il mezzo soprano Ilia Aramayo Sandivari cinque strumentisti (Fabrizio Grati al basso, Roberto Romano alle percussioni e flauti, Stefano Bonacina alle percussioni, Cesar Rivero al charango e Antonio Neglia alla chitarra).

La serata ha proposto un viaggio nell'universo della cultura latino-americana, antica e contemporanea. Dopo un breve omaggio alla musica sacra spagnola - fil ruoge dell'edizione di quest'anno - con tre canti dell'epoca barocca, Verbun caro, Riu riu chiu (composti da anonimi) e Cantiga n. 10, adattamento di una composizione del XII secolo di Alfonso de Savio, la Spagna antica ha ceduto il posto all'America Latina. Nelle navate della basilica sono così risuonate le suggestive note di Hanacpachap, brano che veniva cantato durante le processioni degli Indio convertiti e di Santa Maria Dios Itlaco composto da Don Hernando Franco, seguiti dal Kyrie di panama di R.Walter (composto nel 1977) e dal ritmato San Pedro del cileno Rolando Arancon, allegra dedica ai santi della Chiesa.

Interessante la commistione delle due culture, quella spagnola cattolica e quella deista precolombiana amalgamate insieme in composizioni dalle insolite sonorità

Dedicata al Novecento, con due opere del compositori argentino Ariel Ramirez, la parte conclusiva del concerto. Seppure un po' in anticipo sul calendario, gli esecutori hanno proposto una meditazione sul Natale con Navidad Nuestra, brano scritto negli anni Sessanta e diviso in sei quadri (annunciazione, pellegrinaggio, nascita, adorazione di Pastori e Re magi e fuga in Egitto). Il carattere ora ritmato e gioioso, ora lento e meditativo della musica latino-americana è stato esaltato dalla bravura del Coro diretto dalla giovane Pilar Bravo e dalla suggestiva timbrica degli strumenti (tamburi, fisarmonica, charango, chitarre, flauti), oltre che dalla bella voce del contraldo Aramayo Sandivari (doveroso citare il dolcissimo El nacimiento, splendidamente eseguito dalla solista). È un niño dagli occhi a mandorla e dalla pelle caffelatte che nasce al ritmo di chamané e di takirari, quello ritratto dalle magiche note della Navidad, ben lontano dal carattere contemplativo del Natale Nord europeo, ma non per questo inferiore, per qualità sonora e capacità evocativa.

Per finire, ancora uno sguardo alla sacralità con Misa Criolla (scritto nel 1963), adattamento dei momenti della Messa secondo le sonorità tipiche della musica sudamericana. E con il bis del vivace Gloria a Dios, il coro si è gioiodamente congedato tra gli applausi.

Associazione Culturale Coro Hispano-Americano di Milano